"Primo maggio di festa oggi nel Vietnam, e forse in tutto il mondo."
Ma anche qui nel varesotto, ben lontani dal Vietnam di Lolli.
Festa del lavoro. Una festività rara, rara perchè già solo a sentire il soggetto che si festeggia scende giù un manipolo di parole da scrivere, da leggere, da dire, da pensare, da abbrustolire sul reostato di un 656.
Festa del Lavoro. In Italia. O meglio, in questa Italia.
Questa Italia di contratti a progetto, di Articoli 18 concepiti bene ma allevati male, di facimu 500 a'misata e simu pari e patti.
Questa Italia di non-contratti, di stage, co-finanziati dalla Regione o meno. Questa Italia di cu avi denti non avi pani e cu avi pani non avi denti, quella stessa Italia di quei ragazzi che vorrebbero passare il resto della propria vita a fare su e giù tra Catanzaro Lido e Catanzaro Città, macinarci i chilometri su quella cremagliera, e invece deve lottare contro non si sa manco cosa per almeno credere di poterci sperare.
Questa Italia di sogni e lauree da 110 e lode in filosofia gettati indistintamente in un cassetto e rimpuzzoliti dall'odore di olio fritto e rifritto del McDonald's che ti permette di arrivare a fine mese, proprio tu che in quei panini potresti gettarci una vagonata di teorie kafkiane.
Questa Italia di parenti, cugini, nipoti, fratelli, amici di amici per la tangente di X alla sedicesima, questa Italia di latifondisti e forconi tacitati in breve tempo.
Questa Italia, quest'assurda Italia, dei lavoratori FIAT di Pomigliano d'Arco, Melfi e Termini Imerese, delle OMECA di Reggio Calabria, della Veolia di Crotone, della OMSA, della Pertusola di Crotone, dell'ILVA di Taranto, del petrolchimico di Gela, dei cuccettisti della Wagons Lits a Milano Centrale.
Anche di questa Italia degli imprenditori che non pagano il pizzo alle 'ndrine del posto, quest'Italia che ce la fa nonostante tutto, l'Italia delle mamme di Scampìa che riescono a crescere i propri figli lontano dalla camorra, l'Italia della Nazionale di Calcio a Rizzìconi nel campetto confiscato alla 'ndrangheta, l'Italia dei giornalisti che ancora credono nel proprio lavoro e non riescono manculicani a farlo in maniera distorta, l'Italia degli abitanti di Lampedusa e del loro spirito di solidarietà, l'Italia della testardaggine dei Garfagnini e della meticolosità degli Altoatesini, l'Italia del calore dei Calabresi e della diffidenza dei Genovesi, l'Italia di chi migliora le cose senza apporre alcun marchio politico subito appresso.
Questa Italia che ancora prende i treni per andare da nord a sud, questa Italia che va da nord a sud indistintamente, senza farsi troppi problemi.
Questa Italia che domani forse festeggia un pò se stessa, non tanto perchè Repubblica fondata sul lavoro, ma forse semplicemente è la festa del fare. E noi Italiani, si sa...we do it better.