venerdì 13 aprile 2012

Di bivi e di scelte

A modo suo è tutto un giochetto. Gestito da chi no, questo proprio non si sa.
Tutto compresso, compattato in file .rar che poi quasi in totale autonomia si autoestraggono senza manco chiederti un parere sulle loro intenzioni, portandoti la vita proprio lì, di fronte a un bivio.
Quei bivi che man mano diventano sempre più grossi: magari cominci scegliendo un pò se a calcio vuoi fare il portiere o l'attaccante, il mediano o l'ala destra, l'allenatore o il presidente. Oppure, che so, se prendere il treno o l'aereo per andare a farti una settimana a Roma.
Finchè poi non comincia a fare sul serio, chiedendoti, spaturnàta di una vita, sempre qualcosa che tu non vorresti cedere, o almeno non adesso.
Finchè un giorno non ti si presenta di nuovo davanti, quella vita, sorridente nel suo frack nuovo di pacca, chiedendoti di nuovo di scegliere.
Il sogno della tua vita o l'amore per una donna. Anzi, per lei, non una a caso, che è tutto un altro discorso.
In mezzo i chilometri, quei maledetti chilometri che ormai non so più se amare oppure odiare, un mezzo futuro che certezze non ne regala, solo intuizioni, stupide e fastidiosissime intuizioni.
Non resta che guardarsi intorno, prendere quel maledetto foglietto e scrivere cosa va bene e cosa no.
Il ticchettìo del tachigrafo Hasler o il suo sorriso.
Le mani su rubinetto del freno e manetta oppure attorno alle sue spalle.
I viaggi in trasferimento o a scoprire mezzo mondo assieme a lei.
Continui a guardarti intorno e la vedi lì, amare quell'altro, quasi non reagire quando gli chiedi di evitare l'ultimo saluto della tua (chissà, magari ultima) partenza. Ti viene da urlare come Kurt Cobain in "Where did you sleep last night", da sputare quei frammenti di quel fantomatico cuore spezzato che tanto piace alle ragazzine. Ti viene davvero da dire, da dire tanto, da abbattere muri e traforare passi del Brennero. Ma lei forse è felice così, ed amare non è forse volere la felicità di una determinata persona? E' questo che ancora oggi vorrei, in fondo, uno dei pochi, pochissimi motivi per cui davvero vale ancora la pena vivere.
Continui a guardarti intorno e ti trovi un biglietto della Calabro in un luogo quanto mai improbabile. Il 3736, sempre lui cazzarola, sempre lui da 3 anni e mezzo, che arriva strombazzando tra i neon della stazione di Crotone, puntuale, perfetto come sempre, riportandoti con fiducia a casa e scomparendo poi tra la nebbia di Torre Melissa. E la chiave della 356, sempre lì in tasca. Trovi la Ferrovia che ti mette queste cose davanti, così complottisticamente.
Forse è un pò come il cappello gettato al vento da Novecento mentre provava a scendere dal Virginia, tutto ha un senso.
E non è facile guardarla negli occhi, Sylvie, attraverso i finestrini di quella macchina. Non sapere se è un mezzo addio o solo un arrivederci, ma sapere che quel sogno, quel piccolo grande sogno, finisce lì. Sapere di volerla ancora abbracciare, volerle dire tutto quello che proprio non riusciva a uscire fuori qualche manciata di minuti prima. Sapere tante cose, e non riuscirne a spiegare manco una.
E poi girarsi di spalle e sentire il 3755 pronto a partire per Roccella, il sogno che andrà avanti, per forza di cose.

Ferrovia sarà.

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