venerdì 23 aprile 2010

Non so che viso avesse..

Cosenza 1960 circa

Ma sapevo come si chiamava.
Sapevo anche della sua unicità, la sua importanza ai tempi dei suoi primi passi, la sua capacità di muovere gli animi, le vite delle persone, prima che le proprie piccole ruote, a 950mm l'una dall'altra.
Dal 1936, lontano e lontanissimo 1936 in cui vide la luce e accese per la prima volta i motori. Ad oggi, 23 Aprile 2010, l'ennesimo viaggio. Un altro viaggio, dopo uno stop di 41 anni. Per 41 anni rimasta di riserva a Catanzaro Lido, sperando forse che qualcuno si accorgesse di lei e la mandasse ad affrontare qualche ripida pendenza lì, sulla cremagliera che risiede pochi chilometri più a Ovest. Non poteva, ma forse lo avrebbe voluto.

3 Giugno 2009

Ormai i rovi l'avevano rapita e custodita gelosamente, allontanandola dagli sguardi di dirigenti irresponsabili pronti ad azionare le palle demolitrici. Ci vollero quattro ragazzi inizialmente, per poi andare avanti con una "costante" di tre, per far tornare la luce a splendere su quell'ammaccata, bistrattata e quant'altro carrozzeria.
Era il 3 giugno 2009, lo ricordo come fosse ieri. Un'estate intera susseguì diverse scappate fino alla stazione FCL di Catanzaro Lido, finchè non si riuscì finalmente ad abbattere l'ultimo rovo, con Roberto e soprattutto con l'asse di legno. Quell'asse di legno, quel piccolo protagonista della rinascita della M1.37.

Fotoricordo della liberazione completa

L'asse di legno, altro protagonista del recupero

29 Novembre, poi, le ruote ritornano a scandire il ritmo a cui è stata abituata per anni ed anni.
Con calma, lentamente. L'Emmina ritorna a camminare, piazzandosi sul binario di raccordo dove rimarrà per 5 mesi, 5 sofferti mesi con la paura di ritrovarla vandalizzata da un giorno all'altro.
No, niente di tutto questo. E' arrivata ad oggi, 24 Aprile 2010, come era rimasta.

29 Novembre 2009

Certo, con la calandra caduta e diversi pezzi pendenti appositamente staccati e messi al suo interno, ma è arrivata intera, resistendo anche a una caduta nella giornata di ieri. Non vuole mollare, cacchiarola se non vuole mollare!
Arrivo alle 8.25, scorgendo da lontano la sagoma del tetto. Credevo di trovarla ancora sul pezzo di binario costruito nel parcheggio, invece era già ferma sul camion.

Ore 8.30, l'Emmina è già sul rimorchio

Il timore di essere arrivato "giusto in tempo" si è fatto piuttosto forte. Per fortuna, aspettavano i "cosentini". Roberto, che aveva perso il treno da Locri, ce l'ha fatta davvero per il rotto della cuffia. Nel frattempo, ecco apparire il camion da Cosenza per le rotaie, con anche il capodeposito Massarini, altra persona alla quale non si può che dedicare una grande stima per il suo lavoro e per il modo con cui lo fa.
Ultimi attimi, dopodichè l'Emmina va via. Ultimi attimi per respirare l'aria di Catanzaro, ultimi attimi per associare realmente quella piccola automotrice al contesto della stazioncina terminale. Che ora sembra così vuota..


Saluta tutti e se ne va..
Ultima occhiata prima di partire..

A quest'ora riposa su qualche binario a Piano Lago, alla TCC, dove probabilmente tornerà scintillante. Non è stata dimenticata, questa è la cosa più importante.
Anche perchè era curioso vedere la gente in partenza per Catanzaro Città accalcarsi ai finestrini per fotografare la nostra Emmina, quasi come se si rendessero conto improvvisamente di quanto unico sia questo mezzo. Mi sento responsabile di questa cosa, responsabile e orgoglioso. Orgoglioso di questo piccolo mezzo, recuperato dal nulla, oggi così importante e, possiamo dire, famoso. Felicità per il sapere che siamo riusciti a salvarla, almeno in parte. Come ci eravamo prefissati il 3 Giugno, come abbiamo continuato a crederci, e come ci crediamo tuttora. Credo sia un sentimento condiviso con Roberto e Francesco, gli altri due fautori di questa impresa.
La M1.37 tornerà a camminare con i propri mezzi. Io credo questo, sono fiducioso. E' una vera impresa titanica, ma in fondo siamo mezzi abituati alle imprese titaniche, qui in Calabria.
Una cosa è certa: tornerà.

mercoledì 14 aprile 2010

Riders on the storm

Mi viene difficile pensare a un motivo plausibile per giustificare la fuga da un qualsiasi luogo verso un altro.
Difficile perchè, comunque sia e comunque la si pensi, scappare è una cosa talmente fascinosa e assolutamente non astratta da mettere paura, in certi casi.
Mi sono abituato ad accompagnare ogni viaggio in treno con la canzone da cui prende il titolo il post (http://www.youtube.com/watch?v=DKbPUzhWeeI Grazie Jim..), e non so perchè, ma quel sentimento di "fuga", sottile sfoglia di libertà più pazzoide che intellettuale, diviene improvvisamente forte e altamente sensibile.
Che poi guardare il mondo dal finestrino di un treno è particolare, specialmente dalle mie parti. Innanzitutto non c'è il guardrail e il traffico che la strada ti "offre", strada dove ci perdi persino il gusto nel cercare di scrutare il paesaggio alla ricerca di qualcosa di nuovo, quando magari la trovi e il solito burlone camion carico di polli Amadori ti si piazza davanti. Non c'è neanche il rischio dello spavento del ritrovarsi all'improvviso un treno incrociante in linea, cosa che ha spesso turbato i miei viaggi sulle grandi direttrici (imparate questo trucchetto: piazzatevi sempre a sinistra del senso di marcia per godervi alla meglio il vostro viaggio!). Ed è ancora più bello quando si ha una macchina fotografica oppure carta e penna/matita. Il viaggio è una forma ispiratrice di arte, forse perchè, in un senso più assoluto, il viaggio stesso è un'arte.


(in verità c'è anche lei che non è male.. http://www.youtube.com/watch?v=0OvC737fqYY )