domenica 22 maggio 2016

La passeggiata a Capocolonna

Setole di un pennellino che accarezzano pietre dal profilo irregolare alzano un leggero velo di sabbia e terriccio, entrambi impregnati di salsedine. Sole, sole cocente attenuato da un vento che spinge da ovest, il rumore metallico delle transenne che con quel vento si sfiorano, lo svolazzare delle bandierine rosse e blu e del nastro biancorosso che impedisce l'accesso alla torre.
Oltre c'è il mare, una nave che viaggia verso sud, con la chiglia poco sotto la linea dell'orizzonte. Dovrà pur finire da qualche parte, il mare. Ci saranno un tot di metri cubi di mare al mondo, o no?
Lasciate perdere, non contateli, lasciate il mondo come sta. Altrimenti che infinito sarebbe, quello che si staglia dietro quella linea dell'orizzonte?



L'intonaco bianco della chiesetta riflette come un faro la luce del sole, la sua semplice eleganza risplende sotto un cielo privo di nuvole. Alla sua sinistra la vista parte da Crotone e si ferma a Punta Alice, si distinguono bene anche Strongoli, Belvedere, la gola di Timpa del Salto attraversata dalla statale per Cosenza.
E poi il cubo bianco della Gres, i buchi neri dei pannelli della sua copertura che sono volati chissà dove, le trivelle dei giacimenti di metano, la gru gialla del porto nuovo, il fumaiolo della Pertusola subito dietro la città. 
La Pertusola, il mostro che pian piano sta scomparendo tra pale meccaniche e cariche di dinamite, il vuoto che sta lasciando nell'orizzonte, il vuoto che ha già lasciato nella vita di centinaia di esseri umani. E quel fumaiolo ancora in piedi, come un aguzzino che tiene il mitra puntato sulla testa del suo ostaggio.
Alla base di questa vista, come fosse a piè di pagina, due archeologi lavorano agli scavi di Kroton, sotto un sole cocente con due pennellini, una paletta e tre quaderni. Pennellata, appunto sul quaderno, pennellata, altro appunto, come se le pietre gli stessero parlando, come le nonne che raccontano i fattareddri ai nipoti.

E, con i gomiti poggiati alle transenne impolverate, provi un po' a vedere che effetto fa unire tutta Crotone, o tutto ciò che per te è Crotone, in un solo fotogramma.
Clic.



Quella passeggiata a Capocolonna è diventata come un talismano da quando non vivo più in Calabria. 
La lontananza ti regala anche questo, appuntamenti da prendere con te stesso ogni volta che torni a casa, momenti irrinunciabili in cui fare il punto della situazione, isolare e isolarsi, riavvolgere il nastro e vedere se la musica che hai registrato è uscita bene.
E' un po' come entrare in un confessionale, nell'unico confessionale in cui sei sicuro di essere completamente sincero, in quel confessionale dove anche mentire è utile a capire tante cose.

Quella passeggiata a Capocolonna ha acquisito il sapore amaro del portare i fiori al capezzale di un malato terminale, il sapore amaro dell'irreversibilità, dell'impotenza di fronte al tempo che passa, al tempo che facciamo passare, al nastro che, una volta scritto, non puoi cancellare più. Ed il rumore delle suole sul porfido ad ogni passo lo sento il doppio, la polvere che si solleva penetra dentro ed annebbia tutto, getta confusione su confusione, mischia quei nastri così tanto che, alla fine, non riesco manco più a leggerli.

Cos'è stato? E' stato che ora 1200 chilometri ci separano, sono tantissimi, e lo sai anche tu. Sai anche che per amor tuo non si vive, sai che amarti è facile solo quando si è lontani, che sei incorreggibile, e che io sono troppo moscio e cretino per permettermi il lusso di pensare di poter fare qualcosa per te.
So solo che probabilmente passerò i miei giorni col peso di tutte le storie che ci siamo raccontati e che con te, sulle tue strade, da Las Vegas al lungomare, dalla discesa San Leonardo a Poggioverde, ho costruito.

E' ora di andare, u 'nnu sacciu quannu scinnu, tantu u sà ca na passijata m'a fazzu.
Clic.


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