Ed in un viaggio può capitare di ritrovarsi a ricontare tutto quel che è stato di te.
Quello che hai perso, quel che hai trovato,
quel che hai goduto, quel che hai sprecato,
quello che hai chiuso e quello di te che hai aperto..
Qualcuno ogni tanto mi chiede perchè conservo tutti i biglietti dei viaggi che mi tocca fare, anche quei Catanzaro Lido - Torre Melissa di cui avrò ormai più di un centinaio di copie conservate in quella scatola di scarpe giù nell'armadio. Ogni viaggio a suo modo è importante, sa essere importante, e spesso ci se ne accorge dopo, che siano dieci minuti o dieci anni.
IC 580, giorno 5 agosto, completa tratta da Terni a Milano Centrale, epilogo della ormai abitudinaria "settimana d'aria" da Alessandro in quella città che più vado avanti e più mi sento cucita addosso. Carrozza 3, posto 66 al finestrino e tanto sonno. Ho perso l'abitudine a dormire la notte, più per svogliatezza che per altro, ma vabbè.
Da Terni a Spoleto non riesco a recuperare il sonno perduto, chi conosce quel tratto di linea capirà il perchè, mentre da lì fino Perugia fortunatamente le palpebre cedono un pò il passo. Poi Perugia Ponte San Giovanni, la stazione che sembra essere uscita da un plastico, seguita da un giro assurdo tra colline e controcolline, fino ad arrivare a Perugia Fontivegge, col 541 per Roma già salutato la sera prima pronto sul terzo binario.
Perugia dà una botta di vita a quel treno che da Terni aveva caricato non più di uno-due persone a stazione, esclusa Assisi dove il turismo religioso ti ronza fastidiosamente intorno anche alle 6 del mattino, preghiere ad alta voce appena partiti comprese. Fino a Perugia ero da solo nel mio modulo (era tanto bello quando potevo chiamarli scompartimenti, che cazzen), alchè arriva una ragazza col posto prenotato davanti a me. Alta, capelli corti, carnagione chiarissima e accento facilmente riconducibile al lombardo. Si accomoda e comincia a leggere un libro. Sguardo fisso, serio, che esprime quella vaga sensazione da puzza sotto il naso che i lombardi hanno un pò per carattere. Mi metto un pò a scrivere, e nel frattempo oltrepassiamo Perugia, Ellera, Passignano, Tuoro, per arrivare poi nel deserto di Terontola. Un annuncio incomprensibile del capotreno è la prima risata assieme, il suo replicarsi in arrivo ad Arezzo è la miccia per cominciare un pò a scambiarsi quattro chiacchiere. Le solite quattro chiacchiere da gente che a quei treni ha regalato un bel pò di fette della propria vita, origini e destinazioni che si intrecciano con ritardi assurdi e carrozze senza aria condizionata.
"Ma sei sicuro che questo è un Intercity? Dagli interni mi sembra un Eurostar!" mi chiede in uscita da Firenze Santa Maria Novella, la scusa per cominciare a parlare seriamente di ferrovie. Le racconto della mia passione, è sorpresa che ci sia gente che passi il proprio tempo libero appresso ai treni, per quanto lei li adori e siano praticamente l'unico mezzo che usa per fare su e giù da Cremona a Perugia, dove si è laureata qualche mese fa. Il viaggio tra Firenze e Bologna trascorre tra qualche aneddoto sulle maioliche di Deruta e i particolari sulla stazione di Precedenze in mezzo alla Grande Galleria dell'Appennino, mentre un turista giapponese salito a Firenze e piazzatosi al posto dirimpetto al mio dopo poco si addormenta.
"Dove siamo qui?"
"San Benedetto Val di Sambro"
"Ma tu sei un mostro!"
Mi rimase impressa questa scenetta, come le risposi in quella maniera con disarmante tranquillità rendendomi conto solo successivamente di quanto sarebbe bastato un semplice ed open-source "mezz'oretta e siamo a Bologna". Ci fecimo una risata e tornammo a parlare di maioliche ed incisioni, di viaggi fatti qua e là, di Calabria. Insomma, i discorsi di due viaggiatori che il destino (o il sistema di prenotazione di Trenitalia) ha voluto mettere lì, sul 580, il 5 Agosto 2012 in due posti contigui. Perchè è quando si formano queste piccole e strane intese così, dal nulla, senza aspettarselo che capisci il vero valore, la vera bellezza del viaggio. Mi accadde già due anni prima con Rosita, sul mio 615 tornando da Milano, e ancora oggi ogni tanto qualche parolina e qualche caffè a Santa Maria Novella capita di scambiarseli. Ridevamo spesso, anche vedendo l'espressione decisamente comica del giapponese bellamente addormentato, ed era tremendamente curiosa la sua espressione interrogativa, quel "Ah si?" classicamente padano.
Poi arrivò Bologna. Mentre si continuava a parlare, un annuncio.
"Si avvisano i signori viaggiatori che il treno partirà con un ritardo di 180 minuti a causa di un deragliamento nella stazione di Lavino."
In quei casi è difficile capacitarsi della situazione, capire cosa fare e cosa non fare. Noi ce la ridemmo un pò, per poi tentare di capire il da farsi. Sui tabelloni tutti i treni sono previsti egualmente con 3 ore di ritardo, non resta che aspettare. Tra una chiamata e l'altra passa una sana mezz'ora, dopodichè un altro annuncio.
"Si pregano i signori viaggiatori diretti a Modena, Reggio Emilia, Parma, Fidenza, Piacenza e Lodi di recarsi al binario 1 Tronco ovest dove troveranno treno regionale in partenza per Milano Centrale. Questo treno prosegue senza fermate intermedie per Milano Centrale"
Lei era diretta a Piacenza, dove avrebbe poi cambiato per Cremona. L'annuncio era un pò ambiguo, mi recai dal capotreno per chiedere maggiori informazioni, il quale mi confermò che il nostro treno avrebbe bypassato l'incidente transitando per Verona. Di fretta rientrai in carrozza, gli spiegai la situazione e la aiutai a scendere i bagagli, il capotreno intimò di affrettarsi e non era il caso di restare bloccati a Bologna.
L'accompagnai fino all'imbocco del sottopassaggio.
"Buona fortuna". E finì là, in mezzo ad un assurdo via vai di viaggiatori, schede treno e pensieri.
Ritornai sul treno, dopo pochi minuti partii, e dopo quei pochi minuti cominciai a vederci bene in quella bolgia di pensieri. Quel che hai perso, quel che hai trovato, quel che hai goduto, quel che hai sprecato.
E' finito tutto con un buona fortuna. Sappiamo chi siamo, ma non i nostri nomi. Due viaggiatori distratti, persi tra le campagne di Nogara o su un bus sostitutivo tra Piacenza e Cremona, due strade che per un pò si sono affiancate e ora corrono chissà quanto distanti tra loro, e chissà se un giorno si incroceranno di nuovo. Forse si, in parte ci credo, in fondo i treni servono ad andare come servono a tornare.
Lo avrei voluto prendere quel Regionale, quando vidi il segnale disposto a via libera per il mio treno per un attimo pensai di prendere le valigie di corsa e scappare anche io al binario 1 Tronco ovest. Una cretinata, si, ma in questa vita che di cose belle è abbastanza avara forse sarebbe stato un piccolo sprazzo di cielo sereno, forse non avrebbe portato a nulla di più che qualche altra parolina sulle maioliche di Deruta ma forse avrebbe scacciato questo strano senso di rimorso ogni volta che prendo in mano quel biglietto, anche lui gelosamente conservato dentro quella sdrucita scatola di scarpe.
Non finisce qua. Almeno credo, almeno spero.