sabato 5 maggio 2012

A' sicaretta

Scrivere per certi versi è come fumare.
Se ti prende la voglia, è difficile cacciartela dalla testa.
E' una voglia che non guarda orologi, date, programmi e sveglie impostate per il giorno dopo.
Ti nasce così dal nulla, senza chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina.
Scrivere per riscatto, scrivere per memorizzare, scrivere per fotografare, scrivere per dimenticare,
una sorta di anestesia per mandare tutto in corto e mettere le cose in ordine.
Da capo, come prima, meglio di prima.
Non conta come, se su una tastiera di un computer o su una Moleskine riposta sempre nella stessa tasca della tracolla, su un tovagliolo raccattato al bar della stazione di Perugia Sant'Anna o su qualche foglio svolazzante qua e là. Una penna a corredo e siamo apposto. Senza una metrica precisa, senza architettare il tutto, magari solo un pò, ma giusto per mera formalità.
E quindi spegnere i propri pensieri, allontanarli, aprendo quell'agendina alla prima pagina disponibile e gettare giù due cosette così. Stesso effetto di una sigaretta, con la differenza che però puoi farlo anche comodamente seduto su una carrozza di prima classe declassata in composizione al 20342 per Luino, 18.52 da Garibaldi e via di codice 180 fisso da Parabiàgo a Gallarate. Solita divagazione closer-to-railmans, ma altrimenti potrebbe pur sembrare roba scopiazzata da qualche libro dimenticato in qualche biblioteca meneghina.
4-5 minuti, o 30, o 60, o tutto un viaggio. Il tempo di trovare le parole, accumularle e poi via, liberarle come le pecore nei pascoli del Kent, fino ad esaurimento scorte.
E come le pecore nei pascoli del Kent cercare di seguirle, di dare un senso a tutto quel loro muoversi all'impazzata, a quel continuo inseguirsi senza mai un preciso obiettivo, consci del fatto che il punto finale prima o poi arriverà, necessariamente o meno.

You were stolen,
as black across the sun.
Tramonti viterbesi

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