giovedì 6 maggio 2010

Memoria di ferro

"Comunque ha già comprato la locomotiva, questo l'ha detto lui l'altro giorno, e c'eravate tutti."
"Si, la locomotiva si.."
"Brath dice che l'hanno costruita vicino alla capitale e che si chiama Elisabeth"
"Elisabeth?"
"Elisabeth!"
"Ma figurati.."
"E' un nome da donna, Elisabeth!"
"E allora?"
"Che ne so, quella è una locomotiva, mica una donna. E poi come mai le locomotive hanno un nome, scusa?"
E in effetti..
"Hanno sempre un nome le cose che fanno paura."
"Cosa dici?"
E in effetti stava arrivando..
"Niente, dicevo per dire"
"Hanno un nome perchè se qualcuno te la ruba tu puoi dire che era tua"
E in effetti stava arrivando Elisabeth..
"Ma chi vuoi che ti rubi una locomotiva?"
"A me una volta hanno rubato il calesse. Hanno staccato il cavallo, e si sono portati via solo il calesse.."
E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro..
"Certo che bisogna essere ben stupidi per farsi rubare il calesse e non il cavallo!"
"Io se fossi stato il cavallo mi sarei offeso"
E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro e di bellezza..
"Era un cavallo bellissimo, altrochè.."
"Così bello che nemmeno i ladri..."
E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro e di bellezza: legata sul ponte di una chiatta, risaliva in silenzio il fiume.
Muta: questo era stupefacente. E lenta di un movimento non suo.
Presa per mano dall'acqua - qualcuno la butterà infine su due rotaie perchè esploda la sua rabbia a cento all'ora, violentando la pigrizia dell'aria. Un animale, si sarebbe potuto pensare. Una bestia feroce rubata a qualche foresta. Le corde che segano i pensieri ed i ricordi - una gabbia di corde per farla tacere. La dolce crudeltà del fiume che la porta sempre più lontano - ci sarà alla fine una lontananza che diventerà la sua nuova casa - riaprirà gli occhi e avrà due rotaie davanti per sapere dove scappare - da cosa, questo non lo capirà mai.
Saliva lentamente il fiume, Elisabeth, legata sul ponte di una chiatta. Un gran telone la nascondeva al sole e agli sguardi. Nessuno poteva vederla. Ma tutti sapevano che sarebbe stata bellissima..


"Ha l'aria di essere maledettamente sola" disse Jun
"Ti piace?"
"E' strana.."
"Strana come?"
"Non so, me l'immaginavo più lunga...e più complicata"
"Un giorno magari le faranno più lunghe e più complicate"
"Me l'immaginavo colorata"
"Però è bella così...color del ferro"
"Quando correrà sotto il sole brillerà come uno specchio e la si potrà vedere da lontano, vero?"
"Da molto lontano, come uno specchietto che scivola via in mezzo ai prati"
"E noi la vedremo?"
"Certo che la vedremo"
"Voglio dire...non saremo già morti quando finalmente ce la farà a partire?"
"Oddio, no. Certo che no. Innanzitutto noi due non moriremo mai, e in secondo luogo checchè tu ne dica quei binari che adesso, d'accordo, sono esageratamente corti, ben presto saranno lunghi duecento chilometri, dico duecento, e forse sarà già quest'anno, forse per Natale quei due binari..."
"Scherzavo, signor Rail."
"...mettiamo pure un anno, un anno intero, due al massimo, e io ti dico che metterò su quei binari un treno di tre, quattro vagoni, e quello partirà e..."
"Ho detto che scherzavo.."
"No, tu non scherzi, tu credi che io sono matto e che i soldi per far partire questo treno non li troverò mai, ecco quel che credi."
"Io credo che tu sei matto, e che appunto per questo li troverai quei soldi."
"Ti dico che partirà, quel treno."


Da "Castelli di Rabbia", Alessandro Baricco

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