Schiamazzi in un dialetto così stretto e incomprensibile provengono dal bar di fronte, dove qualche vita ancora capace di resistere alla tentazione del sonno incrocia il proprio cammino con un altra.
Fruscii dei camion in corsa provengono dalla statale, alla loro guida genti indifferenti di quella pace apparente (ammesso che pace sia), solitari corrono veloce a dèstino, attenti sempre a non sforare col tachimetro.
Lo sferragliare delle ruote sugli scambi proviene dalla ferrovia, l'ultimo treno della giornata corre verso la sua destinazione, con le ruote ormai fumanti per gli oltre mille chilometri macinati a 160 all'ora, e gente su di esso ad aspettare chissà quale futuro.
L'abbaio forte e preciso di un cane proviene dalla casa di fronte, forse disturbato da qualche gatto di passaggio, forse semplicemente voglioso di sentire l'eco della sua raramente ascoltata voce rimbombare nelle tenebre strappate giusto da qualche vecchio e arrugginito lampione.
Si riesce ad udire appena il rumore del mare, eterno fratello della gente del luogo, ammirato come un Dio e trattato come uno straccio, non smette mai di vivere e sorvegliare, meditare e osservare.
Il silenzio di tutto il resto aiuta a contemplare uno scenario solito, ma comunque un pilastrino di quel fantasmagorico e rincoglionito sistema chiamato pianeta Terra. Lì fuori c'è chi dorme, c'è chi inforna il pane che domattina allieterà le colazioni dei più e riempirà i supermercati di altri, c'è chi felicemente esprime il proprio amore (sarà amore?) come meglio può, c'è chi sta sveglio, seduto a un angolo di un balcone pieno di muffa intento a riepilogare la sua vita in questa stupida ed entusiasmante giornata.
C'è, l'importante è che c'è questa componente di sana irriverenza e diversità in un mondo che sa porre domande ma non offrire più risposte, stremato dalla feroce bestia umana che si nasconde dietro mille verbi irregolari.
E' Maggio, ed è notte. Comune.
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